Pomodoro da industria: l'intero indotto è disposto a riconoscere prezzi più alti
E' risaputo che i rincari delle materie prime e gli aumenti dei costi di produzione non giovano a nessuno; il settore primario è particolarmente colpito, l'economia italiana è a rischio, e avere una guerra in atto comporta difficoltà commerciali. In questo scenario, è messo a dura prova l'emblema dell'italianità, il pomodoro da industria e la sua filiera dal grande valore. Anche se industriali e distributori si dicono disposti a riconoscere prezzi più alti a sostegno di questa filiera.
"Dopo la campagna del 2021, conclusasi in positivo, siamo preoccupati per l'annata 2022 - a dirlo è Lorenzo Bazzana di Coldiretti - Siamo preoccupati perché siamo in ritardo con la programmazione colturale e con i contratti. Le aziende agricole, dal canto loro, vedono l'aumento dei costi di produzione, ma non sanno ancora quanto gli verrà pagato il pomodoro e quindi ancora non hanno avviato i programmi. Siamo preoccupati perché alcune lavorazioni richiedono costi molto elevati; ciò preoccupa l'intero indotto del pomodoro da industria e non solo il primo anello della filiera. Bisogna fare in modo che l'intera filiera non venga demolita dai costi elevati. Abbiamo bisogno di un prezzo che sia remunerativo per le aziende agricole, appetibile per l'industria e per la distribuzione, e non troppo eccessivo per il consumatore".
Sempre sul tema delle remunerazioni più alte, interviene Diodato Ferraioli di La Doria. "Da sempre, il prezzo più alto per il pomodoro da industria è stato pagato nel bacino del centro sud Italia. E quest'anno, visto la contingenza, la parte industriale è disposta ad aumentare i prezzi ai produttori. Quello che però ci preoccupa, è che l'export italiano del pomodoro da industria, che ci colloca al secondo posto, è in flessione a causa dei rincari dei noli".
Anche la Coop, che ha molto a cuore le conserve di pomodoro, tanto da aumentarne la presenza a scaffale del 33%, sia per la linea convenzionale che bio, si dice disposta a riconoscere maggiori remunerazioni per questo prodotto.
La campagna del 2021 è stata positiva e contraddistinta da quantitativi importanti: come ricorda Giovanni De Angelis, direttore Anicav, sono state raccolte circa 6 milioni di tonnellate di prodotto. Ci sono stati anche buoni margini, riassorbiti però dai rincari. "La nostra esigenza è trovare soluzioni per dare il giusto valore alla filiera. Per fare questo, incentriamo la nostra attività su quattro pilastri: tracciabilità ed etichettatura, promozione e valorizzazione, politiche di sostegno al comparto, e rafforzamento della governance di filiera".
Una buona notizia arriva dal ministero delle politiche agricole: è stato istituito un fondo mutualistico per questa campagna di 50 milioni di euro, per sostenere i produttori, qualora si verifichino danni alla coltura derivanti dai cambiamenti climatici.